Test




CARATTERISTICHE TECNICHE:
  • Sistema ottico: Vixen original  Maksutov Cassegrain
  • Apertura: 110mm
  • Lunghezza Focale: 1035mm
  • Rapporto Focale: f 9.4
  • Magnitudine Limite: 12
  • Potere Separatore: 1,05"
  • Diametro del Tubo: 119mm
  • Lunghezza del Tubo: 360mm
  • Diametro Focheggiatore: 31,8mm
  • Peso: 2,1kg
















































































































































































































































































































































































































VIXEN VMC 110L

Un piccolo telescopio catadiottrico uscito sul mercato qualche anno fa e non più in produzione. Uno di quei telescopi super discussi e criticati nel mondo dell’astrofilia. Nel test che ho eseguito e nelle modifiche che ho dovuto apportare a questo catadiottrico non posso che confermare lo scetticismo e le critiche che quest’ottica ha maturato nel tempo fino poi a sparire dal mercato e a non essere attualmente più in produzione. Diversa la storia del modello da 200mm che sembra aver avuto un maggior successo e favore dagli astrofotografi.

Il modello esaminato dichiarato Vixen Original Maksutov è un Cassegrain di tipo Klevtsov, ossia un complesso catadiottrico che monta un gruppo ottico correttore in prossimità dello specchio secondario ed un primario sferico di precisione. La criticità di quest’ottica già sul progetto iniziale che dovrebbe garantire un’ottima correzione sferica e di campo, consiste nel fatto che sono implicate varie superfici e gruppi ottici oltre ad essere presente un’ostruzione davvero notevole dovuta al secondario e agli spider di sostegno.

Insomma qual è il senso di un simile telescopio? Teoricamente la planarità di campo e l’utilizzo proficuo come potente teleobiettivo o astrografo. La compattezza  e leggerezza.
La presenza di un flip mirror consente di shiftare dalla posizione osservativa a quella fotografica, ma il sistema adottato genera una differenza nel punto di fuoco oltre che nella collimazione, motivo per cui il modello esaminato l’ho impostato in visione diretta.
La costruzione è buona con le solite finiture bianco/rosse della Vixen ed una targhetta blu ove si indicano le caratteristiche ottiche dello strumento.

Purtroppo la manopola che agisce sul meccanismo del flip mirror è in materiale plastico e come ho potuto verificare copre pure una delle tre coppie delle viti di collimazione, motivo per cui sfilarla è un rischio piuttosto concreto che si possa rompere la plastica che va ad inserirsi sul meccanismo a scatto con la quasi matematica certezza che alla terza volta che collimate lo strumento la manopola si rompa e rimaniate bloccati in visione dritta o a 45 gradi. Potevano  visto il pregio del marchio Vixen adottare una manopola quantomeno con un rinforzo metallico interno. 

Il Vixen VMC 110 montato su una Eq5.

 

Il tubo ottico è in alluminio, molto leggero,  e dispone di due coppie di fori per montare sia la slitta originale che una per  treppiede  fotografico. All’interno emerge lo specchio sferico dotato di un’alta riflettività, il tubo di focheggiatura minuscolo  (quindi scordatevi oculari grandangolari) e il supporto del secondario con 4 spider curvi per non generare i classici spikes in visuale e in fotografia su stelle e oggetti puntiformi. L’annerimento del tubo è standard, ma migliorabile.  In fondo alla culatta del telescopio ci sono due gommini che coprono due coppie di viti di collimazione, l’innesto per oculari e accessori, la filettatura T2 e sulla sinistra la manopola che regola il flip mirror. Questa come ho già detto va rimossa per accedere all’ultima coppia di viti di collimazione.
Su queste viti ne ho sentite e viste di tutti i colori, modifiche, sostituzioni  ecc ecc. In realtà non c’è alcun bisogno di sostituirle, la mancata tenuta della collimazione è analoga a qualsiasi meccanismo che si trova in altri strumenti a riflessione, qui il problema è dato dalle gommine che coprono le viti che una volta reinserite possono andare a spostare di qualche frazione di giro le stesse se non serrate a dovere. Motivo per cui è sufficiente tagliare per metà della loro lunghezza questi tappini neri onde evitare qualsiasi interferenza sulla meccanica.

L’interno del VMC, qui dopo l’inserimento di una fodera di velluto nero per contenere i riflessi. Nel complesso la costruzione è buona ma il meccanismo del flip mirror a mio parere è totalmente inadeguato e impreciso.

L’ottica:

Il cuore dello strumento è dato dal correttore posto a distanza ravvicinata dal secondario e distanziato di pochi millimetri. Come si vede nelle foto lo strumento è stato analizzato a fondo poiché inviatomi da un amico astrofilo per un controllo. Le ottiche erano scollimatissime, ma c’è da dire che con le tante superfici ottiche interposte, basta davvero spostarsi di poco dalla collimazione ideale per avere un drammatico decadimento della qualità d’immagine.

Lo schema ottico del VMC ove si vedono anche le gomme che vanno a coprire le viti di collimazione.

Il correttore incorporato con lo specchio secondario, sin dalla produzione risulta non annerito ai bordi ed in osservazioni effettuate con il set up standard ho notato numerosi riflessi, dovuti sia alla mancanza di un paraluce sul secondario sia alla mancanza di diaframmi interni. L’anello che distanzia la lente dal secondario è inoltre totalmente lucido.

La prima prova sul campo ha evidenziato una pesante scollimazione, presenza di coma, abnorme sferica e immagini planetarie, stellari e lunari non leggibili. Impietoso il confronto con il TS Apo  115/800 che uso attualmente.  Giove si mostrava come una macchia sfocata anche a bassi ingrandimenti, circondato da un alone diffuso come se fosse immerso nella nebbia.

La luna  era più dettagliata in un vecchissimo acro Paimax 50/500 che tra l’altro non è mai stato un campione in termini di correzione.  Mi sono messo così a gestire la collimazione utilizzando la stella Antares.

Munito di certosina pazienza ho impiegato più di due ore per venirne a capo e avere una collimazione quantomeno decente a conferma di quanto sia complesso collimare uno strumento del genere. Il margine di errore che il VMC consente è davvero minimo.  Con l’ottica collimata il discorso è cambiato per  fortuna. 
Sono riuscito ad osservare le principali bande di Giove ed il transito di uno dei suoi satelliti, ma la definizione di immagine è rimasta sempre bassa e nettamente inferiore a quella offerta da un Mak da 102mm e ancor meno di quella di un Mak 127 Skywatcher.

Al reticolo di Ronchi si è confermata la presenza di una notevole aberrazione sferica con frange convesse e concave al variare della posizione di fuoco. La figura di diffrazione mostra oltre che a un importante spot centrale dovuto alla pesante ostruzione 4 baffi scuri radiali dovuti agli spider. A fuoco per fortuna i dischi stellari sono regolari con colori ben saturi, ma è emerso ad alto ingrandimento un lieve cromatismo laterale dovuto sicuramente al correttore posto sul secondario.

 

  Immagini al reticolo di Ronchi 10 linee per mm sulla Stella Antares

Si evidenzia la presenza di una notevole aberrazione sferica, in questo caso ottica fortemente sotto correta nonostante il gruppo ottico correttore presente nello schema ottico.
Scoraggiato dalle prestazioni visuali della prima sessione osservativa sono passato a modificare il gruppo ottico correttore e l’interno del tubo, annerendo tutto il  perimetro del correttore e rivestendo l’interno del tubo con una pellicola di velluto nero dati gli abbondanti riflessi che ho riscontrato in osservazioni diurne e sulla luna.

Le modifiche apportate al fine di aumentare il contrasto di quest’ottica che risente di una forte aberrazione sferica e di un’ostruzione elevata.

Nella serata successiva dopo aver finemente collimato lo strumento e aver curato tutto il tragitto del fascio ottico proteggendolo da riflessi indesiderati ho notato un netto miglioramento sulla capacità del VMC di mostrare dettagli.

Giove a parità di seeing rispetto la sera precedente si è mostrato nitido con le principali bande e la macchia rossa ben visibile,   Saturno mostrava tutto il suo anello con la divisione di Cassini. Purtroppo era sempre presente un po’ di luce diffusa dovuta al residuo di sferica importante che caratterizza questo modello, ma in modo meno marcato rispetto al set up iniziale.

Sulla Luna ho ottenuto immagini buone con un contrasto più che discreto e una luminosità elevata, ma la risoluzione di immagine e i dettagli visibili sono confrontabili con quelli offerti da un buon rifrattore da 70mm, il quale vince in termini di contrasto e finezza dei dettagli.

Stelle doppie ad alto ingrandimento per fortuna si mostrano nitide con dischi di Airy regolari seppur interrotti dagli spider del secondario in modo simmetrico. Ho notato anche la presenza di una certa cromatica laterale dovuta al gruppo ottico correttore. Sono stati impiegati per le osservazioni oculari ortoscopici della Fujiama, lenti di altissima fattura ottica esenti da cromatismo e aberrazioni varie.

Foto in proiezione afocale della  Luna. Si nota bene la presenza del  residuo di cromatica laterale

Concludendo: non mi è ben chiaro cosa volesse ottenere da questo progetto la Vixen quando il VMC è stato immesso nel mercato. La bassa qualità ottica ed il residuo abbondante di sferica non lo rendono consigliabile neanche ad un principiante. Se collimato alla perfezione è uno strumento che può essere utilizzato come un buon teleobiettivo per impiego diurno, ma anche quì trovo di gran lunga superiori come correzione e qualità ottica i vari Mak in configurazione classica della Meade e Skywatcher ad esempio.

IN ambito astronomico il mio voto globale è un 5 dato con molta generosità. Pessimo il sistema FLip Mirror e la gestione della collimazione. Il prezzo di vendita era molto basso e allettante ma con la stessa cifra ci si procura un buon rifrattore acromatico da 102mm o un buon newton da 130-150mm, strumenti in grado di offrire molto di più su tutti i tipi di impiego.